Roberto Osculati, L’evangelo di Luca, IPL/ITL, Milano 2002, pp.286 in Orpheus, n.s. 24 (2003) Roberto O(sculati) ha dedicato una parte cospicua della sua vasta produzione scientifica allo studio dei testi canonici del Vecchio e soprattutto del Nuovo Testamento: epistolografia paolina e giovannea, Apocalisse, evangelo di Giovanni. E sul tema dell’evangelo ritorna, trattando in maniera egregia l’evangelo di Luca. Diciamo subito che di tale testo egli ha saputo cogliere la Stimmung, rendendone eloquentemente ragione già nella prima pagina dell’ «Introduzione» (5-8) quando afferma che Gesù di Nazaret si presentò come «l’annunciatore... dell’inizio della nuova creazione»: infatti, «là dove sembrano dominare ruoli fissati una volta per sempre, garantiti dalla potenza divina e dalle scelte umane, egli porta lo sconvolgimento» (5), rompendo questa catena e restituendo ogni essere umano alla coscienza di sé. Queste posizioni di fondo e i loro innumeri corollari sono messi in luce grazie a una esegesi attenta e perspicace, partecipe e distaccata del sacro testo, segmentato e raggruppato in 4 grandi sezioni: 1) «Tradizioni d’Israele e origini dell’evangelo» (19-48: 5 titoli); 2) «Maestro e taumaturgo in Galilea» (49-114: 8 titoli); 3) «Vita dei discepoli» (115-182: 8 titoli); 4) «Pasqua a Gerusalemme» (183-234: 8 titoli), precedute da una incipitaria «Presentazione» (9-17: 1 titolo). Impossibile esporre, sia pure per sommi capi, la fitta rete ermeneutica stesa dall’O. intorno all’evangelo di Luca e alle sue criptiche ascendenze: ci limitiamo pertanto a compulsarne i tratti essenziali. Va notato anzitutto come Luca rifugga dai concetti astratti: la sua è una teologia dell’esistenza concreta, che s’ispira alla sapienza della Bibbia e non disdegna qualche interesse per i problemi e le ricerche della cultura greca ed ellenistica. L’A. pone l’accento sull’austerità e l’essenzialità dell’ambiente in cui vive e opera Giovanni Battista e in cui traspare un aspetto fondamentale dell’esperienza religiosa di Israele. E le figure femminili, ripetutamente presenti nell’evangelo e negli Atti, ne sono testimonianza emblematica quali madri del nuovo Israele e della nuova umanità. Costante pertanto il richiamo al profeta Isaia, presente sin dai primi momenti della vita di Gesù e le cui profezie costituiscono la visione apocalittica della storia presente nell’evangelo di Luca: dove ‘si legge’ questa prospettiva finale nella storia dell’umanità: la presenza del nuovo Adamo libererà il mondo dalla morte. Luca collega la vicenda del Nazareno con la storia contemporanea, e a questo riguardo l’O. presume, non senza ragione, che l’evangelista abbia avuto sotto gli occhi la folla delle città ellenistiche nelle quali si era diffusa la buona novella. Ma a queste ragioni fa pensare pure la realtà demoniaca dei porci penetrati dai demoni, metafora, probabilmente, degli abitanti di quei luoghi. Riguardo allo spettacolo dei prodigi (guarigioni, resurrezioni), l’O. osserva giustamente che Gesù è ben lontano dal presentarsi, come presumevano le folle (e come si presume, aggiungiamo noi, anche oggi), quale fenomeno da baraccone: per lui infatti l’azione del prodigio doveva concretarsi nella conversione del beneficato: in sostanza, ciò che avveniva nell’ambito fisico doveva trovare il suo pendant spirituale. L’uguaglianza di tutti gli uomini, fulcro della dottrina di Gesù, non era ignota all’ ‘altro mondo’ e la filosofia stoica l’aveva propugnata energicamente; ma – si domanda l’A. – era possibile metterla in pratica in un mondo dominato dall’ambizione e dall’egoismo? D’altra parte, l’agire morale non può restringersi nell’egoismo della norma che divide il puro dall’impuro, ma è l’intervento che soccorre in tutte le necessità della vita. E Gesù è soprattutto colui che rompe inveterate abitudini e vecchi schemi, per cui «nel mondo dell’inganno, della ricchezza, della violenza l’evangelo di un’altra giustizia è un intollerabile disturbo» (54). In effetti, come ben osserva l’O., in questo itinerario verso la salvezza anche gli Apostoli e persino Maria hanno da compiere ancora un lungo cammino (per ritornare al confronto con gli stoici, vedremo qui in certo senso gli equivalenti dei proficientes sulla via dell’ancor non attinta sapientia). È evidente, infine, che Luca, scrivendo a distanza di tempo dagli avvenimenti e quando già si erano formate le prime comunità cristiane, avesse sotto gli occhi le loro esigenze spirituali e le loro responsabilità in rapporto al raggiungimento di «quel regno dove sono ammessi malati e indemoniati, ladri e prostitute, reietti e miserabili, osservanti e indifferenti, purché accettino di essere cercati, trovati e festeggiati e siano pronti a trattare così i loro simili», mentre la richiesta osservanza della Legge ebraica secondo Luca costituisce solo una maschera dell’indifferenza verso le loro esigenze fondamentali. D’altra parte Gesù avrebbe eluso le attese del suo popolo, anelante alla libertà, che aveva avuto pertanto difficoltà a seguirlo: ed è in tal senso che va interpretato l’atto proditorio di Giuda; ma anche gli altri discepoli sono assai più lontani di quanto essi stessi credano dagli insegnamenti di Gesù: è quanto rivelano con ogni evidenza al momento della tragedia: assai malinconica è infatti l’immagine dei discepoli addormentati e della furbizia di Pietro, mentre si concentra in una semplice ma eloquente battuta la ‘rapina’ del Cielo attuata dal buon ladrone. Completano e impreziosiscono la pregevole monografia sette appendici: 1) «I passi caratteristici di Luca» (235-236); 2) «Il linguaggio di Luca» (237-247); 3) «Il testo e gli strumenti» (249-252); 4) «Luca e la poesia della musica; le note del Magnificat e del Gloria» (251-252); 5) «L’evangelo di Luca nella pittura» (253-278); 6) «Letture e testimonianze» (279-280); 7) «Proposte per un percorso di lettura» (281-283). L’attualità del messaggio di Luca non poteva trovare interprete più idoneo di Roberto Osculati: allo studioso infatti va riconosciuta una sapienza e una probità ineludibili in una corretta interpretazione di testi di così dissona rinomanza. Francesco Corsaro |